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Cultura

Tyndaris Augustea: la storia rivive nel parco archeologico

Storia e cultura si fondono nel parco archeologico di Tindari, ma non senza contrattempi. Come spesso si dice il “bello” della diretta, ma a volte anche no.

Un viaggio tra i tesori dell’area archeologica di Tindari, dove mito e storia si sono fusi in un suggestivo racconto polifonico che ha visto intrecciarsi narrazione e performance. Torna anche quest’anno la “Tyndaris Augustea”: evento che attraverso la formula artistica del “Site Specific” intende diffondere e valorizzare la storia, i miti, l’archeologia e l’etno-antropologia dell’antica città di Tindari, secondo una trama ben collaudata e ideata nel 2018 da Anna Ricciardi, oggi direttrice artistica del Parco Archeologico.
La manifestazione è stata prodotta dalla Proloco di Patti che si è avvalsa della collaborazione: del Parco Archeologico di Tindari (fortemente voluta dalla direttrice del Parco, Anna Maria Piccione); del Dipartimento di Civiltà antiche e moderne dell’Università degli Studi di Messina (che ha curato scientificamente gli interventi storico-archeologici, spiegando ai presenti l’origine di Tindari e i resti presenti nel parco archeologico e il teatro);  dell’Università E-Campus di Palermo e del Consorzio Intercomunale Tindari – Nebrodi.

Questa edizione di “Tyndaris Augustea” si è svolta nel ricordo di Enza Mondello, imprenditrice pattese prematuramente scomparsa nel giugno scorso. Sin dalla nascita dell’evento, Enza ha sostenuto l’Augustea come imprenditrice, mettendo a disposizione gli elementi di scena e gli apparati scenotecnici, nonché la sua grande creatività. Quest’anno la madre Tina Cannavó ha voluto realizzare personalmente le attrezzerie di scena insieme a Elvira Mangone, per ricordare la grande passione di Enza per questa produzione.

Nell’antico scenario delle scalinate di un edificio monumentale sito in zona Cercadenari, nei pressi del decumano, si sono tenute le prime due perfomance affidate alla regia di Elio Crifò sul coinvolgimento nella prima guerra punica di Tindari, nelle cui acque si ebbe il secondo trionfo navale di Roma, interpretate dall’attore Edoardo Siravo nei panni di Zeus Ourios, protettore di Tyndaris,  affiancato da Gabriella Casali nei panni della nobile Kallibule, dallo stesso Elio Crifò nel ruolo di Polibio e da Alessandra Salamida che interpreta Diana Facellina.

La terza performance è un omaggio all’attore Massimo Mollica nel decennale della sua scomparsa. La regista Cinzia Maccagnano guida Andrea Tidona (u Ciclopu), Raffaele Schiavo (il Sileno) e Alessandro Romano (Ulisse) in una reinterpretazione de “U Ciclopu” di Euripide nella traduzione dialettale di Pirandello. Nel ruolo dei satiri Alessandra Salamida, Marta Cirello, Miriam ScalaMariachiara Pellitteri e Luna Marongiu (che cura anche la coreografia). Lo spettacolo rappresenta una pagina incancellabile della storia del teatro italiano.

 

Andrea Tidona – U Ciclopu

Un mix che ci è sembrato un po’ azzardato dal punto di vista degli accostamenti delle vicende narrate e dei relativi periodi storici. Inoltre, secondo l’organizzazione, al pubblico è sembrato quasi che le prime due performance ideate dal sapiente attore e regista Elio Grifò, siano state solo un contorno all’ultima e più moderna performance “U Ciclopu”, introdotta dalla presentazione della figlia di Massimo Mollica, Silvia, molto emozionata. Quest’ultima pièce   si è rivelata divertente, grazie anche, alla bravura degli attori che hanno saputo riempire il palcoscenico.

 

 

 

Elio Crifò

L’attenzione dell’organizzazione verso le prime due performance ci è sembrata quasi assente, infatti, come poi ci è stato spiegato, il service si è rivelato carente e inesperto, cosa che ha pesato potentemente sull’esecuzione dello spettacolo. In un primo momento, infatti, i microfoni funzionavo a intermittenza, cosa che disturbava la fruizione della rappresentazione e, inoltre, all’interno era prevista una canzone che non è stata fatta partire. Forti le proteste iniziali del pubblico che hanno generato nell’attore/regista Crifò, un gesto alla Blanco (quando sul palco di Sanremo distrusse i fiori perché non gli arrivava l’audio), ovvero gettare il microfono tra le scalinate di pietra, ma con la sua maestria e quella di tutta la compagnia manda avanti, lo spettacolo con il solo uso della voce, ricevendo apprezzamenti da tutti i presenti.
A fine spettacolo l’artista ci spiega le motivazioni del suo gesto, non condiviso da molti, che hanno subito pensato ai costi di un microfono panoramico. Dopo il tempo dedicato allo studio dei fatti storici, riadattati in chiave teatrale, secondo i canoni riportatici da Manzoni: vero per soggetto, utile per scopo ed interessante per mezzo, che può sembrare un’opera semplice avendo Grifò abituato il suo pubblico a questo genere di rappresentazioni, ma non lo è, questi inconvenienti possono generare gesti involontari di stizza da parte chi, nel lavoro, ci ha speso tempo e fatica.

Edoardo Siravo – Zeus Orios

Avremmo, infatti, potuto dire come nei panni dello storico Polibio, Crifò, ha saputo interpretare quello che era il pensiero dei romani che li ha portati a essere i dominatori di un vastissimo impero; come tutti gli eventi terreni e le sorti delle guerre fossero guidati dalle divinità, come

Alessandra Salamida – Diana Facellina

Diana Facellina, Salamida, sotto l’attenta supervisione del padre Zeus Orios, Siravo, nell’assoluta coscienza che anche gli dei si devono piegare al volere del Fato; o della grande poesia e drammaticità di Kallibule, nobile tindaritana e madre di un valoroso condottiero che nella prima guerra punica aveva perso  la figlia in mare, interpretata con grande espressività dalla Casali, ma, purtroppo, in molti resterà molto più vivo il ricordo di un lancio di microfono da parte di un essere umano, che come tutti può avere un momento di rabbia, ma poi come si dice “the show must go on”.

Gabriella Casali – Nobile Kallibule

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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