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Ingegnere siciliano conquista l’Himalaya

Un’impresa quella di “Gulli” – così è soprannominato l’alpinista con chiaro riferimento a Gulliver – significativa

 Dopo il Kilimangiaro, l’Himalaya:
un’altra sensazionale scalata per l’ingegnere siracusano
Guglielmo Venticinque, 43 anni, che giovedì scorso è riuscito a
piantare la bandiera italiana (e idealmente anche quella
siciliana) sull’Imja Tse, vetta a quota 6.189 metri, conosciuta
anche come Island Peak, che si trova sul versante nepalese della
catena montuosa celebre anche per l’Everest, la cima più alta
del mondo. Un’impresa quella di “Gulli” – così è soprannominato
l’alpinista con chiaro riferimento a Gulliver – significativa
perché si riaggancia a una delle emergenze attuali più
stringenti, ovvero il graduale aumento delle temperature che
affligge il pianeta. Il cambiamento climatico, infatti, ha
colpito anche l’area dell’Island Peak, modificando la morfologia
dei ghiacciai e trasformando quello che fino a poco tempo fa era
un percorso non particolarmente impegnativo in un’ascesa
impervia. Dopo mesi di dura preparazione fisica, “Gulli” a fine marzo è
arrivato a Kathmandu, capitale del Nepal, dove ad attenderlo
c’era la Elite Exped, società specializzata in questo tipo di
spedizioni, fondata da Nims Purja, star mondiale dell’alpinismo,
diventato celebre per aver messo piede su tutte le quattordici
vette del mondo che superano gli 8.000 metri nel giro di 6 mesi
fra aprile e ottobre 2019, fatiche raccontate in un documentario
di Netflix. Nella sua impresa Venticinque è stato accompagnato da una guida
locale, Mingma Yangzi, scalatrice professionista di 28 anni, una
delle poche donne sherpa autorizzate in Nepal. Prima 8 giorni
lungo il Khumbu Trek, celebre percorso di trekking che porta al
campo base Everest. Poi l’infinita attesa al campo base, prima dell’ultima
partenza, quella verso la cima obiettivo della spedizione,
avvenuta all’1.30 (ora locale) del 7 aprile scorso. “L’Imja Tse
– dice Venticinque – è stata l’impresa delle imprese, che non
dimenticherò mai. Mi ha portato vicino ai miei limiti fisici e
tecnici, mi ha posto davanti a rischi che non so se vorrò più
prendere in futuro. Per me l’alpinismo è un hobby e non voglio
mettere a repentaglio la vita”. (ANSA).
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