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Cronaca

Area ex Asi Larderia: Merlino (Dc), Regione si occupi nuovamente zona e realizzi qui un Polo tecnologico

“Salvare anche botteghe artigiane, prevedendo insediamenti nella zona sfruttando conoscenze degli imprenditori locali con lo sguardo sempre rivolto all’innovazione”

Da anni ormai l’area Asi a Larderia, ora gestita dall’ Irsap, è completamente abbandonata. Da quando la Regione si è disimpegnata, non occupandosi più della zona industriale, gli imprenditori ancora presenti si trovano a dover operare in spazi sporchi, in mezzo ai rifiuti, senza luce e manutenzione stradale o di altro tipo. Quella che doveva essere un’area strategica per il futuro della città è diventata una zona fantasma, dove esistono pochi capannoni ancora occupati, e il resto degli spazi è in mano ai vandali e persone malintenzionate che operano indisturbati vista l’assenza dei controlli. Sarebbe dunque utile riorganizzare l’area, e anzi, formare qui un Centro di eccellenza, con diverse possibilità di sviluppo concreto, per creare centinaia di posti di lavoro”. A dirlo Salvatore Merlino candidato alle elezioni regionali per la Dc e responsabile provinciale del partito per infrastrutture, trasporti e isole minori.

“Si potrebbe – aggiunge Merlino – lavorare qui allo sviluppo di nuove start up di ultima generazione realizzando qui un Polo di alta formazione, creando poi anche un risvolto pratico, fornendo i capannoni dismessi gratis per 10 anni ai giovani che dimostrano di avere buone idee e riescono a svilupparle. Si potrebbe altresì creare un Polo che sia rispettoso di alcune esigenze, oggi più rilevanti, visto che ripresa e resilienza dovranno necessariamente accompagnarsi a spinte in materia di transizione tecnologica, sostenibilità e ricerca. Essenziale dunque creare un Centro, nel quale il legame con il tessuto produttivo dovrà essere forte. Si deve tuttavia, rivedere la mission e le linee guida di sviluppo. In questa fase storica è poi necessario incentrare alcuni focus principali della formazione sulle digital skills, o competenze digitali, e declinarle in alcune aree in forte crescita: intelligenza artificiale, cybersecurity, smart cities, finanza digitale e industria e servizi digitali. Si dovrà poi facilitare la nascita e la crescita di startup attive in questi settori, perché possano diventare player nazionali e mondiali.

Fondamentale, sarebbe inoltre, creare delle sinergie tra alta formazione e mondo del lavoro, considerando che le startup sono nuove imprese ad alto tasso di innovazione, con un dna votato alla crescita. Sono strutture snelle, estremamente più veloci e propense al rischio rispetto alle aziende consolidate, così che riescono a portare avanti idee che nelle strutture più grandi verrebbero bloccate. La collaborazione tra imprese consolidate e startup è chiamata open innovation, proprio perché permette alle imprese di fare innovazione aprendosi all’esterno.

“Nonostante la pandemia e le problematiche economiche del territorio, – continua Merlino – questa può essere la risposta formidabile al bisogno di innovazione e autoimprenditorialità, soprattutto dei giovani, con una visione sempre più internazionale e attenta ad investire nella formazione del capitale umano: costruendo un ecosistema aperto a tutti e in grado di fornire le competenze necessarie.

Allo stesso tempo, o la Regione ricomincia a incidere nell’area governando tutte le attività previste, o la cede ad altri enti comprese la gestione di pulizia e manutenzione; oppure concede al Consorzio di privati che già esiste nell’area, la possibilità di curarsi la zona avendo in cambio sconti sui canoni, vantaggi fiscali o di altro tipo che possono derivare dallo sfruttamento di spazi comuni”.

Si dovrebbe poi – prosegue Merlino – riscoprire antichi mestieri siciliani e partecipare progetti europei e di altro tipo (regionali, nazionali e locali) con l’intento di ottenere finanziamenti per iniziative imprenditoriali e formative, puntando sui lavori che vanno scomparendo, ma che sono sempre considerati utili. Si dovrebbe partire da uno studio antropologico, culturale, storico e sociale, che metta in evidenza quali di questi mestieri continuare a sviluppare, magari puntando su un diverso loro utilizzo nel territorio. Anche questi insediamenti potrebbero trovare posto in quest’area. Si potrebbe partire da un approccio didattico che non intende soltanto coltivare la memoria storica, le radici di una comunità, ma persegue il tentativo di restituire dignità e valore al lavoro manuale. In seguito, contribuire in modo concreto al salvataggio delle botteghe artigiane, rilanciando antichi saperi, facendo riscoprire ai giovani le tecniche artigianali con la condivisione ed il trasferimento delle conoscenze degli artigiani locali e lo sguardo sempre rivolto all’innovazione”.

Si assiste – conclude Merlino – ormai da anni alla nascita di moderne botteghe artigiane, nelle quali mestieri tradizionali hanno riacquistato un nuovo fascino con l’impiego di nuove tecnologie: due mondi apparentemente lontani, ma pronti a fondersi. Sono d‘altronde, sempre di più giovani che si reinventano imprenditori, scegliendo di declinare i mestieri del passato al futuro e dando vita a coraggiosi piccoli e medi progetti”

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