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Un decalogo Noponte per smentire le fake news di Salini a Re Start su Rai3. Nota di Invece del ponte

Pmentire tutte le dichiarazioni fatte da Salini, amministratore delegato di Webuild

A seguire la nota del Coordinamento Noponte:

Smentire tutte le dichiarazioni fatte da Salini, amministratore delegato di Webuild, alla trasmissione odierna Re Start di RAI3 è difficile, ma non per le cose che ha affermato, bensì per l’incredibile mole di fake news miste a propaganda di cui sono infarcite.

Andiamo per ordine, smentendo passo dopo passo, con un decalogo di controinformazione no ponte, le dichiarazioni di Salini:

1)           Non è vero che ormai basta la decisione del Cipess per approvare il progetto definitivo del ponte ed iniziare i lavori, perché prima è necessario che l’Italia chieda una “deroga” alla Commissione europea, visto che il progetto ha avuto una Valutazione d’Incidenza negativa da parte della commissione Via/Vas, in quanto vìola la direttiva europea Habitat e non è scontato che la commissione europea la concederà;

2)           A essere politica e non tecnica (meglio, anti-tecnica) è la scelta di realizzare il ponte, non la posizione di chi vi si oppone, perché non si è data risposta ai tanti dubbi tecnici sollevati da esperti di fama nazionale ed internazionale che hanno ripetutamente inviato le loro osservazioni critiche;

3)           Per essere collegati al resto del Paese i siciliani non hanno bisogno dell’ennesima cattedrale nel deserto ma di una rete di infrastrutture viarie, ferroviarie, idriche e di servizi sociali che riduca le diseguaglianze nord-sud; non è vero, inoltre, quanto dichiarato da un intervistato e cioè che servono 3 o 4 ore per attraversare lo Stretto in traghetto, visto che la traversata dura solo 20 minuti (le file sono solo una volta l’anno, concentrate nei giorni di ferragosto);

4)           L’alta velocità non raggiunge Reggio Calabria, non si sa neanche come e quando verrà realizzata da Salerno a Reggio Calabria, né è stata realizzata in Sicilia, e anche il raddoppio a Messina è fermo a causa del sequestro dell’area di cantiere, poiché gli scavi della galleria appaltati da RFI a Webuild hanno prodotto terra con arsenico che ha inquinato le falde acquifere e lasciato senza acqua potabile due comuni;

5)           Per fare fronte alla crisi idrica non abbiamo bisogno dei costosissimi, inquinanti ed energivori impianti quali i dissalatori che Webuild promette di realizzare, ma semplicemente investimenti per ridurre le perdite della rete ed un uso sostenibile e virtuoso delle risorse idriche, la cui proprietà e gestione deve rimanere in mano pubblica;

6)           Le opere ferroviarie e stradali previste per il ponte sullo Stretto non servono né alla Sicilia né alla Calabria ma sono funzionali ad un’opera che si sa che non si costruirà mai. Quella che viene chiamata la futura metropolitana dello Stretto prevede ad esempio lato Sicilia solo tre fermate su 18 chilometri di lunghezza, mentre la linea A della metropolitana di Roma è lunga 18 chilometri e ha ben 27 fermate;

7)           Il sistema ponte provocherebbe ferite irreversibili sul territorio dell’area dello Stretto che le presunte opere di mitigazione e compensazione ambientale non potranno mai sanare ma anzi accentuerebbero;

8)           È vero che il progetto del ponte è stato assegnato ad Eurolink con un gara internazionale, a cui tra l’altro hanno partecipato solo due cordate, ma stiamo parlando di 20 anni fa, nel frattempo Eurolink ha fatto causa allo Stato e l’ha persa; è cambiata la composizione societaria perché  sono andate in liquidazione due società le cui azioni Webuild ha acquistato pagando 5 milioni di euro al concordato di Cementieri Ravenna, promettendo altri 6 milioni nel caso di approvazione del progetto esecutivo entro giugno  e opzionando l’acquisto delle azioni del fallimento di Società Condotte già acquistate da altra cordata. Inoltre è aumentato il costo delle materie prime e quindi del progetto, è cambiata la normativa di riferimento, insomma è cambiato il mondo ma solo l’ad di Webuild sembrerebbe non rendersene conto;

9)           La presenza di faglie attive e capaci sotto il pilone lato Calabria è individuata nelle stesse carte del progetto del Ponte, come evidenziato da esperti a cui ancora non si è risposto;

10)         Per concludere, parafrasando l’ultima dichiarazione di Salini, “Che il Ponte si possa fare è un azzardo, che è sicuro è un altro azzardo, se si vuole fare è una scelta contro l’Italia”.

in************************@gm***.com” data-hovercard-owner-id=”16″>Nota di Invece Del ponte

Sulla faglia del ponte progettisti e tecnici del Governo continuano a non fare ciò che dovrebbero e
e dire cose smentite dal progetto e dagli stessi Ministri che difendono il ponte.
Intervistata da Report la dott.ssa Monica Pasca (Commissione VIA-VAS) dichiara che la faglia è stata
“sufficientemente studiata” e che per entrare nei terreni ed effettuare scavi il progetto deve essere
approvato perché ci vuole la dichiarazione di “pubblica utilità” (salvo affermare pochi secondi dopo
che sono state già fatte numerose indagini). L’AD di WeBuild, dott. Salini, afferma poi a ReStart che
la faglia “non c’è” e non è “sismogenetica”; chi avanza dubbi sparge terrore per motivi politici.
Ma se gli studi sono sufficienti, perché il parere della Commissione VIA-VAS obbliga ad
approfondirli? E il Ministro Ciriani smentisce che ci voglia la dichiarazione di pubblica utilità,
informando la Camera che in questi anni sono state realizzate centinaia di indagini. È infatti la legge
a prevedere l’occupazione temporanea dei suoli ai fini della progettazione di opere pubbliche (art.
15, D.P.R. 8/6/2001 n. 327). Soprattutto: di chi sono i terreni dove c’è la faglia da indagare? Di RFI,
azionista della società Stretto di Messina, totalmente controllata dal Governo. Di cosa parliamo?
A smentire Salini ci pensa direttamente il progetto, che quella faglia la disegna in rosso sotto il pilone
lato Calabria e la dichiara “certa”. Se la faglia non c’è, perché Salini non fa correggere il progetto?
Che la faglia non sia “sismogenetica”, poi, non vuol dire nulla; una faglia (lo dice anche Salini) è una
“discontinuità” del terreno. È come uno strappo in un lenzuolo: se non c’è lo si può tirare con forza
dai quattro lati; se c’è, tirando il lenzuolo il tessuto cede. Quella faglia è un problema non perché
può generare un sisma, ma perché può far cedere il terreno in caso di sisma generato da altra faglia.
Insomma: il progetto disegna faglie che definisce “certe”, salvo poi dichiararle “controverse”, ma
che la dott.ssa Pasca afferma di non poter escludere, pur qualificandole “sufficientemente studiate”,
mentre il dott. Salini le definisce innocue. Un groviglio di informazioni contrastanti e contraddittorie.
Per norma e per principio di precauzione se c’è un rischio bisogna fermarsi e verificare. Basterebbe
dare incarico a ISPRA, INGV, CNR, Dipartimenti Universitari. Invece niente: solo parole e polemiche
istituzionali. La domanda è: perché Eurolink, Stretto di Messina, Ministero delle Infrastrutture e
Governo non fanno l’unica cosa sensata da farsi? Con quale logica si va avanti senza sapere se il
sottosuolo presenta effettivamente i rischi che lo stesso progetto rileva? L’obiettivo strategico di
questo puzzle sembra uno: arrivare al voto del CIPESS a seguito del quale scatterebbero gli obblighi
dello Stato nei confronti di SdM e di Eurolink.
Che sia questo un pezzo aggiuntivo del “grande favore” di cui ha spesso parlato il Presidente di
ANAC?

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