“Una formazione completa non può escludere le discipline artistiche ma deve comprenderle tutte, musica, teatro, arte figurativa”. Abbiamo affrontato questo tema così delicato della formazione culturale dei giovani con il noto regista teatrale messinese Tino Caspanello. In un periodo in cui gli studenti delle scuole medie sono chiamati a scegliere il loro percorso di studi, a decidere ciò che sarà del loro domani, abbiamo voluto aiutarli presentando loro l’innovativa curvatura teatrale attivata presso il Liceo Classico “Caminiti-Trimarchi” di Santa Teresa di Riva. Abbiamo incontrato il registra proprio nei locali del Liceo, dove al momento sta curando, in qualità di esperto esterno, il Laboratorio di “Teatro e Arti sceniche”. Quest’ultima è la disciplina caratterizzante della curvatura che senza rinunciare, ovviamente, alla specificità degli studi classici valorizza la creatività individuale e tutto ciò che è inerente all’intelligenza delle emozioni. Dà voce all’io, consentendogli di esprimersi in libertà.
Come nasce il suo amore per il teatro?
Nasce tanti anni fa nel periodo pasquale quando mio padre si occupava di dirigere una rappresentazione sacra. In quella circostanza, io piccolino, vedevo davanti a me cose che erano lontane dalla mia immaginazione, dalla mia fantasia ma che mi colpivano nel profondo. Vedevo le scene, i costumi, persone che conoscevo trasformarsi in personaggi. Tutti questi segnali, questa “grammatica”, senza dubbio, ha cominciato a lavorare dentro di me fino a sedimentare e a diventare una formula, un’adesione, una tendenza. Ho, poi, quindi, studiato Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Perugia. Ho compiuto tanti passi che mi hanno portato a fondare la Compagnia “Teatro Pubblico Incanto” e poi, soprattutto, a scrivere.
Si è sempre dedicato anche alla formazione, in particolare, in campo universitario. Quest’anno ha scelto di guidare gli allievi della sezione teatrale del Liceo Classico “Caminiti-Trimarchi” di Santa Teresa di Riva, in orario curricolare, nel Laboratorio di “Teatro e Arti sceniche”. Cosa significa per lei insegnare teatro a scuola? Quanto è importante farlo ancora oggi? Alla luce della sua esperienza personale, come pensa possa contribuire alla formazione culturale di uno studente?
Innanzitutto, oltre alla formazione teatrale ho anche una formazione da docente, dal momento che ho insegnato “Disegno e Storia dell’Arte” per diversi anni in vari licei italiani. Ho, dunque, una conoscenza dell’ambito scolastico abbastanza peculiare. Amo, molto, il rapporto con gli studenti, con le generazioni più giovani ma mi piace anche pensare a un principio fondamentale della formazione, della didattica. Non può esserci futuro senza un passaggio di consegne, di staffette, un passaggio di tutto quello che noi abbiamo appreso e che possiamo tramandare alle generazioni future. In questo, il Teatro e le Arti, in genere, vivono un piccolo o grande “corto-circuito” nel senso che la formazione del pubblico vive, quasi, delle lacune sia all’interno della scuola ma anche dell’edificio teatrale stesso. È difficile formare un pubblico nuovo. Ecco che ritornare nelle scuole, creare e fornire delle competenze maggiori ai ragazzi significa anche far crescere un pubblico per un teatro che, ancora, è da venire, per un teatro futuro. Riuscire a crescere insieme con i linguaggi che cambiano nel teatro ma anche con le sensibilità che cambiano dentro un pubblico che matura di giorno in giorno e di pari passo alla maturazione teatrale.
Come si articolano, nello specifico, le attività del Laboratorio presso il Liceo Classico “Caminiti-Trimarchi”?
Il Laboratorio di “Teatro e Arti sceniche” prevede una parte propedeutica che riguarda le attività fisiche vere e proprie. Si parte dal capire, prima di tutto, come funziona il nostro corpo, come si mettono in moto i muscoli, i nervi, i tendini, come facciamo un gesto e come lo completiamo. Si comprende come nasce l’idea di compiere un determinato gesto per portarlo, poi, alla sua massima espressione e, in ultimo, a zero. È un controllo continuo su tutto quello che facciamo. Se nella realtà, istintivamente, ci muoviamo, a teatro dobbiamo essere coscienti di come si muove il corpo in ogni determinato momento. Non bisogna lasciare mai nulla al caso. Nella parte propedeutica, dunque, si lavora molto sul fisico per passare, poi, alla voce, all’emissione vocale, alla fonazione. È fondamentale comprendere come funziona questo strumento di comunicazione che non è l’unico, dal momento che è tutto il corpo a comunicare. La finalità è, fondamentalmente, quella di insegnare a comunicare con tutto il corpo. In seguito, in base alle situazioni, si dà maggior spazio alla voce o alla fisicità.
I ragazzi, spesso, temono la scena e i riflettori, non vogliono abbandonare la loro “comfort-zone” . In queste prime lezioni propedeutiche ha visto i suoi nuovi piccoli allievi del Liceo classico mettersi in gioco facilmente?
Devo dire di si e, sorprendentemente, quasi subito. Dopo pochi istanti, superato il primo impatto con il gruppo hanno accettato il “gioco”. Il teatro, alla fine, è un gioco e va accettato nelle sue regole fondamentali. Hanno mostrato, da subito, interesse e voglia di mettersi in gioco. La timidezza, in ogni caso, è sempre una buona base di partenza.
Non capita tutti i giorni l’opportunità di vivere un simile percorso scolastico, di essere affiancati in un Laboratorio teatrale curricolare da un esperto come lei. Crede che i ragazzi riescano a cogliere al meglio il valore di ciò che gli è stato offerto? Riescono a sfruttare le ore di laboratorio per conoscere il proprio io più nascosto?
Penso di si, ne sono sicuro. Ho un’esperienza di laboratori scolastici che inizia nel 1984 e so, esattamente, come indirizzare la comunicazione e riuscire a guidare i ragazzi dentro una situazione in cui si sentano non giudicati, protetti ma anche, allo stesso tempo, nudi di fronte ad un ipotetico pubblico. Riusciremo, alla fine, in un percorso di crescita perché l’obiettivo fondamentale di un laboratorio scolastico non è solo quello di fornire delle competenze ma anche di capire noi stessi. I ragazzi devono rivolgere, innanzitutto, l’attenzione verso la propria interiorità, attivare o riattivare un processo di conoscenza di sé e tramite questa un’interazione con l’altro. L’io non esiste senza l’altro. Saremmo delle monadi assolutamente divise e separate da tutto il resto. Il laboratorio scolastico ha come finalità principale questa peculiarità.
È tempo di scelte per i piccoli studenti delle scuole medie. Perché dovrebbero scegliere, a suo avviso, il Liceo classico “Caminiti-Trimarchi” a curvatura teatrale?
Dovrebbero sceglierlo perché credo che sia una bella novità in ambito liceale inserire il teatro nelle materie curricolari. Prima veniva svolto solo in orario pomeridiano, come attività extracurriculare. In questo modo, invece, i ragazzi cominciano a capire che il teatro ma le arti, in genere, appartengono alla formazione. Una formazione completa non può escludere le discipline artistiche ma deve comprenderle tutte, musica, teatro, arte figurativa. Diventiamo esseri umani, nel vero senso della parola, quando abbiamo la possibilità di entrare in contatto con tutte le espressioni di questo mondo. Non possiamo escludere il rapporto con l’opera d’arte.
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