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Il 26 gennaio, il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani commemora il 45° anniversario dell’assassinio mafioso del giornalista Mario Francese

In occasione del 45° anniversario dell’assassinio del giornalista Mario Francese, il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, intende commemorarne la figura attraverso il racconto della studentessa Linda Ligorio, classe III sez. G del Liceo Scientifico Filolao , sviluppato nell’ambito del progetto scolastico, di nostra ideazione, intitolato “#InostriStudentiRaccontanoiMartiridellaLegalità”.

“Uomini del Colorado, vi saluto e me ne vado!”, così l’audace giornalista Mario Francese avrebbe salutato i suoi cari se avesse saputo che, il 26 gennaio di 45 anni fa, avrebbe perso la vita. Una breve vita dedicata alla sua passione, la scrittura, che si incrociava e si fondeva con la sua maledetta curiosità, che in un mondo giusto lo avrebbe portato lontano. Mario Francese era un giornalista, si occupava di cronaca giudiziaria, quindi appalti, imbrogli, omicidi, soldi sporchi…cose che ci sembrano estremamente lontane, ma che, in realtà, sono molto più vicine di quanto possiamo credere, soltanto che non ce ne accorgiamo. Francese però, grazie alla sua astuzia e al suo fiuto, era riuscito a notare molti dettagli, collegamenti, tutte informazioni che trascriveva nei suoi articoli per il giornale di Sicilia, con tanto di nomi e cognomi. L’indagine sulla morte del colonnello Salvatore Russo, quella sugli incassi secondari della diga Garcia, le accuse verso i “Corleonesi”…non sappiamo cosa di preciso abbia scatenato l’ira di colui che ha sentenziato la sua morte. L’omicidio di Francese è stato secco, è sembrato quasi un’esecuzione, tre colpi alla testa, un colpo al collo. Una pena, secondo la Mafia, proporzionata alle sua gravissima colpa: aver svolto il suo lavoro e, il giornalista, Mario, lo faceva in modo eccellente. La sua colpa era di essersi spinto troppo, “E’ morto perché aveva detto ciò che non doveva essere detto”. Fatto sta che, alla Mafia, non importa della libertà di espressione, e nemmeno dei sentimenti dato che, sparando a Mario, ha ucciso anche Giuseppe, suo figlio, che dopo 20 anni è riuscito a far condannare i colpevoli e si è tolto la vita, perché la ferita era troppo profonda e il suo compito era ormai stato svolto.”

Il CNDDU invita gli studenti e i docenti ad aderire all’iniziativa commemorativa inviando i propri elaborati che faranno parte integrante dei nostri contributi. (email: coordinamentodirittiumani@gmail.com)

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