Solo scrivendo, chi scrive, riesce a sopportare.
E Nuccio Anselmo, Autore di PARLAMI MADRE ed. La Feluca, decide così di infilarsi ancora una volta nel dolore, di passare attraverso la sofferenza ripercorrendo i ricordi, nel tentativo di elaborare il grande dolore della perdita della madre.
E lo fa in punta di piedi, con quel garbo che ha sempre caratterizzato la sua vita personale e professionale, e sente quasi la necessità di scusarsi con i suoi lettori avvertendoli “Sono solo un cronista”.
A pag. 29 del volumetto di poesie e racconti brevi, ha inizio il cuore dell’opera. Sono pagine pregne di sofferenza, nelle quali l’Autore rivive il passato e le cose quotidiane, il ferro da stiro, la macchia di latte rappreso… e ricorda il tempo in cui la madre “saldamente ancorata sui suoi passi dirigeva le nostre vite ondeggiando sicura tra una cartella e un pallone di carta, un pantalone strappato, un riso riscaldato”.
E in quelle pagine c’è tutta la nostalgia dolorosa del “ricordo delle serate di compiti a casa e calda frittata” e c’è il plaid colorato diventato “una reliquia quotidiana” che, immortalato da Rocco Papandrea in una foto, è ora in prima di copertina.
E non manca il mare, “infinito e irrinunciabile”, quel mare che sua madre amava tanto e, nel ricordo di quello che è stato “il suo ultimo mare”, si avverte l’amore grande del figlio che scrive “come glielo vorrei ridare tutto quel mare”.
Il piccolo libro è un album di ricordi racchiusi in uno scrigno di dolore e contiene versi di straordinaria bellezza tra i quali, particolarmente commoventi e significativi sono quelli dell’ultimo saluto e del distacco, “Ora vola mia madre immensa, sostieni queste nostre esistenze, raccogli tutte le braccia che puoi e sorreggile”.
Tutto precipita dopo la perdita incolmabile e, mentre “la sedia vuota riflette le nostre solitudini” torna l’eco delle raccomandazioni del passato “Esci dall’acqua che hai le labbra viola”, ed è forte, struggente, il desiderio di ritornare indietro “una sera, una sola, per chiederle perdono”. L’elenco delle cose di cui chiedere perdono alla madre è lungo e non v’è persona che ripensando alla propria madre non si riconoscerebbe in molte di esse. E il messaggio che l’Autore desidera trasmettere ai suoi lettori è chiaro quando aggiunge “c’è chi adesso può farlo per me con le altre madri accese”. È un’esortazione rivolta ad altri figli a fare per lui ciò che non è riuscito a fare.
Non manca poi il pensiero alle altre madri e alle madri di figli uccisi.
È un libro bellissimo, che tutti dovrebbero leggere per trarre qualche insegnamento e riflettere su quanto può essere importante stare insieme ai propri cari “seduti attorno a quel tavolo, attorno alla vita”.
Ester Isaja