A seguire la poesia del poeta messinese Giuseppe Calabrò sul vento di scirocco:
Vento di scirocco
Affacciato alla finestra di casa
che si apre sullo stretto velato
dall’incanto della fata Morgana,
guardo con gli occhi arrossati
Scilla che corteggia Cariddi.
Fiero si alza il pilone
con le radici su Capo Peloro,
accanto a lui brillano i laghi
orfani di vongole e cozze,
dove gli aironi riposano le ali
e la canoa scivola veloce.
L’orologio del Duomo
segna quasi mezzogiorno
mentre il leone ruggisce al gallo
tra il suono delle campane
aspettando l’Ave Maria
nel campanile della Cattedrale.
Brioche e granite lasciano il posto
un inebriante odore di fritto,
sui tavolini all’aperto si posano
arancini, pitoni e focaccia
e il fumo delle “braciole” alla brace
riempie le narici dei veri “Buddaci”.
Ora rientro, si è alzato il vento,
è tornato di nuovo lo scirocco,
la sabbia rossa riempie l’aria,
mi sporcherà l’auto appena lavata,
ma non importa, ora sono a casa.
