Prima sceneggiatore, poi scrittore, Mario Falcone è vissuto a Roma per 42 anni e poi ha fatto ritorno in Sicilia, a Messina, sua città natia. Quella Messina che ha narrato così bene nelle quasi 500 pagine del romanzo “L’ alba nera”, quello che mi piace definire, per la narrativa, “il capolavoro” di Mario Falcone.
Falcone, certamente amato dai suoi lettori, adesso, in età matura e con un bagaglio non indifferente di esperienze personali e professionali, che hanno contribuito ad accrescere la sua sensibilità e hanno forgiato il suo carattere, decide di dare alla luce la sua prima opera in versi. E, nel passaggio dalla narrativa alla poesia, scopriamo un Mario Falcone diverso da quello che conoscevamo ed eravamo abituati a leggere.
Piccole pietre, che già dal titolo si presenta in tutta la sua delicatezza, ci rivela un Falcone inedito: profondamente sensibile e solo, triste e nostalgico, perfettamente in linea con i più grandi poeti, che sulla sofferenza hanno scritto i loro versi più belli, rimasti immortali, perché “è nella sofferenza che si ritrova la pace”.
Le piccole pietre sono quelle che, una dopo l’altra, poste lungo il cammino, consentono di attraversare il guado della propria esistenza.
E questo piccolo libro è uno scrigno prezioso di sentimenti e stati d’animo e richiama versi di montaliana memoria, laddove Falcone si crogiola nella solitudine, nel dolore, e affoga nei ricordi e spesso nella nostalgia portata dalla sera.
Tra le poesie meritano sicuramente l’attenzione del lettore le poesie Eri troppo, E le parole, che fa venir voglia di leggerla e rileggerla perché è…musica, e poi, ancora Labirinth e Ultimo fuoco, che sono meravigliose poesie d’ amore.
L’Amore, è quasi sempre quello grande e sofferto, conflittuale e perduto, ed è quello che mai ci si rassegna a perdere, quello totale per il quale ci si annulla, il cui senso è ben rappresentato nei versi di BAR “io, però, non mi rassegno: per questo giro ancora sul campo di battaglia a cercare i resti di me in te”.
Quell’ Amore che nella poesia L’ Amore il nostro Autore mostra di conoscere bene e definisce “una nave che non si governa neppure coi venti a favore, è una guerra che non si vince ed ha pure un nome”.
Significativo e presente ovunque nella raccolta, il rapporto col tempo e, in particolare, il profondo disagio nel tempo attuale, inesorabile, che scava ferite profonde.
Su tutto prevale il rapporto con la vita e le difficili scelte che essa impone. E c’è la vita nelle varie fasi, tra le quali l’Autore privilegia infanzia e adolescenza.
Nelle poesie c’è la visione che Falcone ha della società e degli uomini e c’è la povertà, che in Elogio della povertà riesce a rappresentare in modo unico nei versi “lui non ha niente, infila la mano in tasca, il dito scompare nel buco incolmabile del dolore”.
E ci sono anche la solitudine, l’abitudine, la noia, la rassegnazione, che in “Coming out”l’Autore “mischia” come un mazzo di carte.
E ci sono i ricordi, dei quali l’Autore non si vergogna, perché “non c’è vergogna nel ricordare d’esser stati felici”.
E non mancano la famiglia, gli affetti, la madre, il padre, i gatti e gli anni trascorsi a Roma “madre tollerante e lupa piena di latte” e il legame con Messina.
Piccole pietre è principalmente un viaggio nella vita, compiuto con il coraggio di mettersi in discussione per crescere e, ci insegna, che “non è mai tardi per fare o dire qualcosa”.
E la vera sfida della vita è resistere alle sue “sportellate”.
Su tutto e tutti c’è sempre Dio,“anche nel mare che ci vide tornare lui ricompone il quadro, spegne i conflitti, e ridisegna la rotta”.
Nella foto Mario Falcone e l’ Editore Gianluca Buttafarro (La Feluca Edizioni)
Ester Isaja