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Cultura

La città di Messina torna ad affidarsi al W Maria

Riprende la processione della Vara, una festa al limite fra devozione e tradizione popolare

Dopo due anni di “buio” a causa della “pandemia”, ci si riappropria delle tradizioni cittadine, prima fra tutte quella della processione della Vara, un evento ai confini fra fede e tradizioni popolari. Si potrebbe dire riprendendo la virale frase della signora di Mondello “coviddi non ci nn’è”, ma tale era la voglia, da parte dei Messinesi, di riaffidarsi alla propria Patrona, che “aiutati” anche dall’assenza, in un primo momento, della Protezione civile, in tanti si sono ammassati, ovviamente senza protezioni, per seguire il carro votivo.  E come si dice: “che la Madonna ce la mandi buona”.

Fra coloro che hanno seguito il carro, complice forse l’imminente campagna elettorale, il sindaco Basile, con tutta la Giunta, i Dirigenti delle partecipate, il Presidente del Consiglio comunale, con alcuni Consiglieri, esponenti delle politica nazionale e regionale.

Tante le tappe del Carro votivo, fra queste una delle prime è stata quella per ricordare il posto  dove era morta, per incidente stradale, Lorena Mangano. Un altra tappa importante è stata fatta in Prefettura, qui ad attenderlo, affacciati ai balconi del Palazzo: la prefetta Cosima Distani, l’arcivescovo mons. Giovanni Accolla e altri personaggi istituzionali.
Durante questa fermata, vengono sparati fuochi d’artificio e la Prefetta offre un mazzo di fiori alla Madonna Assunta e le viene offerto in cambio un mazzo di fiori e un gagliardetto dell’associazione dei tiratori della Vara. Qui inizia anche il cordone della Protezione civile.
Ci si ferma, quindi, anche di fronte alla sua “gemella”, la stele della Madonna del porto, dove si è svolto il tradizionale atto di affidamento della città. Con il cappellano della Vara, padre Antonello Angemi, si è pregato, tra l’altro, per i giovani e per i governanti, affinché questa città possa finalmente tornare a risplendere.
Dopo altre fermate, si è arrivati al Municipio da dove sono partiti altri giochi pirotecnici. Poche altre fermate fino ad arrivare alla famosissima e pericolosissima “girata”, ma che i tiratori, nonostante fossero stanchi  e stremati dal caldo, guidati dalla maestria di Molonia, sono riusciti ad eseguire perfettamente e con una certa rapidità. Forse dovuto anche alla diminuzione del pubblico presente, che magari a causa del Covid – 19, si è accalcato, ma non copiosamente come negli anni precedenti.
La “Machina votiva” è, quindi, arrivata in Duomo, fra i pianti dei tiratori e dei tanti fedeli, che li hanno sostenuti, seguendo da dietro,  dove ad accoglierla c’era insieme al vescovo ausiliare, mons. Cesare Di Pietro, l’arcivescovo mons. Giovanni Marra, che ha impartito la benedizione. Come da tradizione, sono stati divisi tra i fedeli i fiori del carro, i frammenti delle due corde del carro, che, secondo la tradizione, vengono conservate dalle famiglie un anno intero, perché posseggono proprietà  taumaturgiche. e delle immaginette.

A seguire la Vara tanti fedeli provenienti anche da altre città, ed anche alcuni rappresentanti della comunità ucraina, guidati da padre Giovanni Amante. Ha voluto essere presente per servizio, anche la Caritas diocesana, che tornata direttamente dal servizio di aiuto agli alluvionati dell’Isola di Stromboli, ha prestato servizio anche per la manifestazione.
Il simulacro della Dormitio Virginis, posto alla base della Vara, è stato, poi, portato al Monastero di Montevergine , per restarci fino all’anno prossimo.

Alle 23, come da tradizione, sono stati sparati i fuochi pirotecnici dalla batteria Masotto.

W Maria!

Foto di: Antonio De Felice

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