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27 gennaio, la giornata della memoria senza coscienza

Non può esserci memoria senza coscienza, non può esserci pace senza giustizia. 

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Durante la Shoah (parola ebraica che significa catastrofe), sono state quasi 17 milioni le persone uccise dai nazisti del Terzo Reich, sotto la guida di Adolf Hitler e dell’ideologia della purezza della razza. Le motivazioni di questa persecuzione erano legate non al semplice antigiudaismo, ma anche, ovviamente, a forti interessi economici della Germania che usciva pesantemente indebolita dalla Prima guerra mondiale ed era a caccia di un capro espiatorio. Le prime misure riguardavano infatti il boicottaggio economico e l’esclusione sociale, con le leggi di Norimberga del 1935, fino alla segregazione e ghettizzazione delle persone di origine e cultura ebrea, e allo sterminio sistematico, chiamato soluzione finale. I campi di sterminio, come Auschwitz, Treblinka o Dachau, erano luoghi di detenzione, di sfruttamento (di chi era in grado di lavorare), torture ed esperimenti “scientifici” con cavie umane.

Va sottolineato che, oltre i 6 milioni di persone ebree, tra le vittime ritroviamo rom, omosessuali, persone con disabilità (“ariani” compresi), slavi, prigionieri di guerra, dissidenti politici e anche testimoni di Geova e persone afro-europee (fonte: United States Holocaust Memorial Museum).

Cosa significa “memoria” quando si parla di un genocidio pianificato scrupolosamente? Cosa ricordiamo davvero degli orrori più profondi di tutto il Novecento?

I moti del presente indicano una situazione molto preoccupante, con il dilagare di pulsioni fasciste in tutta Europa, di odio verso la diversità e discriminazione etnica e razziale sempre più violento. Ma c’è qualcosa di peggio, ed è l’indifferenza.

Quando parliamo di “memoria” e rievochiamo l’evento che ha spezzato in due la storia dell’umanità, dovremmo tenere a mente che la Shoah è stata possibile per la potenza e la diffusione strutturale della propaganda antisemita — che altro faceva se non rinforzare quell’idea di superiorità della razza bianca, ancora oggi molto attuale — e per l’indifferenza di chi non si è opposto nonostante “vedesse” ciò che succedeva attorno e sé.

Come scriveva la filosofa Hannah Arendt, il male è “banale” perché a compierlo durante la Shoah erano persone “terribilmente normali”, che eseguivano degli ordini e rispettavano incondizionatamente delle regole senza pensarci. Indifferenti alla propria coscienza.

E forse la parola giusta per questa giornata non è memoria, ma coscienza, perché ogni sistema sociale segue una morale, ma non è detto che quella morale sia etica o giusta. A fare muro contro il male dilagante è solo la nostra coscienza che ci permette di non restare indifferenti, perché non serve a nulla ricordare passivamente se ogni giorno continuiamo a vivere con gli occhi chiusi.

Alla memoria di oggi, alla coscienza di tuttə, vogliamo prepotentemente riportare tutte le vittime nel mar Mediterraneo, della rotta balcanica, dell’odio quotidiano — che siano donne, queer, persone con disabilità, persone migranti rinchiuse nei Cpr.

E ancora, ricordiamo con rabbia il popolo curdo in Siria ogni giorno sotto attacco dalla Turchia, altro Paese democratico a cui l’Italia si accompagna, e le 25.000 vittime palestinesi a Gaza (di cui il 70% donne e bambinə). La nostra coscienza ci impone di non restare indifferenti di fronte a quello che sta succedendo in Palestina, perché per la banalità del male, chi è stato vittima, adesso è diventato carnefice e compie dalla Nakba una costante pulizia etnica (che copre come sempre motivazioni economiche) sotto le telecamere di tutto il mondo. I parallelismi che possiamo riscontrare nelle azioni dell’esercito israeliano contro la popolazione di Gaza e quelle dei militari nazisti contro le persone ebree, sono inquietanti e rendono questo attacco uno schiaffo a quella Dichiarazione dei diritti umani che doveva testimoniare un cambiamento, una rigenerazione di tutta la società.

Se è agghiacciante ripensare a quello che l’uomo è stato capace di fare durante la Shoah, lo è ancor di più vedere che può accadere di nuovo.

Ieri, 26 gennaio 2024, la Corte Internazionale di Giustizia ha confermato la plausibilità dell’accusa del Sudafrica ai sensi della Convenzione sul genocidio secondo cui “Israele si è impegnato, si sta impegnando e rischia di impegnarsi ulteriormente in atti di genocidio contro il popolo palestinese a Gaza”. Ha ordinato a Israele di prevenire qualsiasi atto genocida, di impedire ai suoi militari di commettere tali atti e di garantire l’ingresso di cibo, acqua, medicine e altri aiuti umanitari nella Striscia di Gaza occupata e assediata. Non è, però, un esplicito cessate il fuoco immediato e permanente. Adesso la maggiore responsabilità legale, e morale, è sulle spalle degli stati che rispettano il diritto internazionale, della società civile e delle persone di coscienza in tutto il mondo per porre fine al genocidio in corso da parte di Israele e per contribuire a smantellare il sistema di oppressione sottostante.

Non può esserci memoria senza coscienza, non può esserci pace senza giustizia.

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