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Cronaca

Caporalato ed estorsioni in una Rsa di Messina. Sequestro di beni per un valore di oltre 180mila euro. Note Uil e Fp Cgil

Un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale della città dello Stretto

I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale della città dello Stretto, su richiesta della Procura della Repubblica di Messina, nei confronti di n. 7 persone (n. 5 arresti domiciliari e n. 2 obbligo di presentazione alla P.G.), con contestuale sequestro di beni per un valore di oltre € 180.000,00 e l’applicazione del “controllo giudiziario” nei confronti di n. 2 società, per i reati di associazione a delinquere, estorsione e intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (caporalato).

Il provvedimento cautelare interviene nella fase delle indagini preliminari ed è basato su imputazioni provvisorie, che dovranno comunque trovare riscontro in dibattimento e nei successivi gradi di giudizio, nel rispetto, pertanto, della presunzione di innocenza che l’art. 27 della Costituzione garantisce ai cittadini fino a sentenza definitiva, svolgendo ogni ulteriore accertamento che dovesse rendersi necessario, anche nell’interesse degli indagati.

L’operazione scaturisce dalla rimodulazione delle linee d’azione volte a contrastare, in maniera trasversale, i fenomeni di illegalità economico-finanziaria più lesivi ed insidiosi del già precario quadro socio-economico, così progressivamente orientando i controlli in materia di lavoro nero e irregolare, verso le condotte più gravi e pervasive.

Nello specifico, dopo una meticolosa mappatura economica del territorio di competenza, in pieno periodo pandemico, le Fiamme Gialle della Compagnia di Taormina effettuavano un mirato intervento in materia di sommerso da lavoro presso una RSA della provincia, riscontrando come il titolare si fosse avvalso, per l’assistenza degli anziani ivi ricoverati, negli anni dal 2016 al 2020, di ben 36 lavoratori “in nero”, a fronte di una forza lavoro complessiva impiegata di 40 dipendenti.

Di qui la genesi delle successive indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Messina, consistite in complesse ricostruzioni documentali, intercettazioni telefoniche e accertamenti bancari, dalle quali emergeva come il dominus della struttura residenziale, al fine di ottenere indebiti risparmi in termini di versamento di contributi ed oneri previdenziali, avesse abusivamente impiegato, completamente e/o parzialmente, i predetti lavoratori, senza effettuare la prescritta comunicazione al Centro per l’Impiego.

In particolare, all’esito degli accertamenti svolti dai Finanzieri, emergeva  dalle indagini come il titolare delle strutture assistenziali giungesse, addirittura, ad impedire la fruizione di qualsiasi forma di riposo o ristoro durante l’orario di lavoro, nonché di socializzare tra loro, arrivando persino a vietare lo scambio reciproco dei numeri di telefono.

In particolare, all’esito degli accertamenti svolti dai Finanzieri, si acquisiva alle indagini come il titolare delle strutture assistenziali giungesse, addirittura, ad impedire la fruizione di qualsiasi forma di riposo o ristoro durante l’orario di lavoro, nonché di socializzare tra loro, arrivando persino a vietare lo scambio reciproco dei numeri di telefono.

Nel corso delle indagini, si acquisiva come, a fronte della previsione dei contratti di lavoro collettivo che, “per i dipendenti dalle cooperative, consorzi e società consortili del settore socio-sanitario- assistenziale-educativo e di inserimento lavorativo”, prevedono una paga base che va, a seconda del livello di inquadramento, da € 1.184,19 a € 1.426,41, per un orario di lavoro pari a 38 ore settimanali, i lavoratori della RSA ispezionata percepissero solo circa € 700,00, indipendentemente dalle mansioni svolte e dalle ore lavorate, peraltro pari, in media, a 45 ore settimanali.

In altri termini, secondo ipotesi d’accusa, si documentavano palesi violazioni alla normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie, in totale spregio della normativa nazionale e comunitaria in materia di organizzazione dell’orario di lavoro.

Nota Uil

“Esprimiamo un forte plauso e un sentimento di sincera gratitudine alla Compagnia di Taormina e ai vertici provinciali della Guardia di Finanza di Messina per la brillante operazione giudiziaria che ha smascherato un vergognoso sistema feudale caratterizzato da lavoro nero, sfruttamento con turni di oltre dodici ore lavorative ed umiliazioni nei confronti dei dipendenti di due Rsa site nei dintorni del territorio taorminese. La certosina attività investigativa delle Fiamme Gialle ha portato all’arresto di cinque soggetti e ha consentito di scoprire una drammatica realtà che certifica l’assoluta giustezza delle nostre reiterate denunce sul tema del lavoro nero e della mancanza di tutele per una grande massa di lavoratori sfruttati e senza diritti. In questa circostanza vi è l’ulteriore aggravante rappresentata dal fatto che la vicenda delittuosa ha investito due Rsa e, quindi, i tanti incolpevoli anziani, ospiti delle suddette Rsa. Alla Guardia di Finanza va il nostro pieno sostegno per una azione repressiva finalizzata al rispetto delle leggi e dei contratti di lavoro” hanno così dichiarato Ivan Tripodi, segretario generale Uil Messina, e Pippo Calapai, segretario generale Uil Pensionati Messina.

Nota di  CGIL ed FP CGIL: «Da luoghi di cura a luoghi di sfruttamento. Necessario intervenire in modo capillare per mettere all’angolo coloro che speculano su lavoratori ed utenti» 

L’attività condotta dalla GdF è la fotografia di un “modus operandi” purtroppo frequente nell’ambito della gestione delle Residenze Sanitarie Assistete, dove datori di lavoro senza scrupoli, nonostante le vicessitudini legate alla pandemia, continuano a lucrare sui bisogni dei più deboli

«Nel giorno in cui il Consiglio dei Ministri approva la Legge Delega sulla non  autosufficienza delle persone anziane che determinerà un cambio di paradigma nella gestione dei servizi che gravitano nel settore, la Guardia di Finanza mette a segno un colpo che, purtroppo, è l’amara di fotografia di quanto accada all’interno di molte, fortunatamente non tutte, RSA (Residenze Sanitarie Assistite) presenti sul nostro territorio, luoghi di cura che si trasformano in luoghi di sfruttamento». Questo il commento della Segretario reggente della CGIL, Carmelo Garufi,  del Segretario Generale della FP CGIL Francesco Fucile e della Segretaria con delega al terzo settore Elena De Pasquale,all’indomani dell’operazione messa in atto dalla GdF che ha smantellato un rodato sistema di sfruttamento all’interno della struttura “La Reggia dei nonni” di Gaggi, «che rischia di non essere un caso isolato. Il mondo delle residenze sanitarie, così come diversi altre realtà che gravitano intorno al mondo delle disabilità e della non autosufficienza– affermano i dirigenti sindacali –, sono spesso terra di nessuno  anche perché, in molti casi, vengono applicati contratti capestri, sottoscritti da organizzazioni sindacali non rappresentative, che non riconoscono ai lavoratori salari e diritti e cercano di trarre il massimo profitto attraverso il pagamento delle rette, spesso salate, da parte delle famiglie degli utenti. Un sistema malato, che oltre a mettere in atto un preciso sistema di sfruttamento e sudditanza psicologica nei confronti dei dipendenti, rischia di offrire prestazioni e servizi di scarsa qualità a discapito di coloro che si trovano in qulle strutture proprio perché, invece, avrebbero bisogno di cure adeguate e qualificate». Per CGIL ed FP CGIL, di fronte a fatti di tale gravità, l’indignazione dovrebbe essere univoca e vedere dalla stessa parte organizzazioni sindacali edatori di lavoro che operano nell’ambito sociale e socio sanitario: «Fatti di cronaca come quelli di cui siamo oggi a scrivere – sottolinea ancora il sindacato -, non devono essere fonte di indignazione e vergogna solo per chi tutela i lavoratori, ma anche e soprattutto per coloro che operano nel settore in modo onesto, rispettando norme di legge e norme contrattuali, ma che vedono però “macchiato” il proprio operato da imprenditori improvvisati».

Allo stato attuale, secondo un report realizzato dalla FP CGIL lo scorso mese di marzo, nel settore socio assistenziale privato e nel terzo settore si contano ben 47 contratti nazionali di lavoro, 27 dei quali ‘pirata’, che vanno a incidere su di un campo che conta un numero di addetti pari a 1,250 milioni. «Una proliferazione contrattuale fuori controllo, esplosa nel corso degli ultimi dieci anni, che – conclude il sindacato – ci ha spinto ad inviare al Ministero del Lavoro, una precisa proposta: “Legare l’attuazione del Pnrr relativamente ai capitoli del welfare, e quindi l’accesso ai fondi da parte delle imprese, al rispetto dei contratti nazionali firmati dalle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative”».

 

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