Foto di: Antonio De Felice
Abbiamo chiesto al presule un pensiero particolare per chi quest’anno a causa e della crisi economica e della mancanza di lavoro non avrà una vera festa per Natale e cosa possiamo fare noi cristiani di fronte a queste realtà.
Vi dico una cosa, non è che in questo momento devo demonizzare, né criticare. Mi viene difficile lo dico pure per me, perché ci troviamo immersi poi su quelli che sono i riti nelle loro tradizioni. Le tradizioni sono cose belle, ma viene difficile chiuderci gli occhi, non possiamo chiudere gli occhi, perché la sofferenza di natura economica è forte, tante volte è una carenza di relazioni umane che sono ancora peggiori, perché stanno alla radice di queste povertà. Non lo so. In questo momento avremo momenti belli: “padre tizio”, la Caritas dall’altra parte, momenti istituzionali dove la bontà emerge, però rischia la bontà di diventare buonismo, di soddisfare l’aspetto emotivo e di natura spettacolare.
Faremo domani per i poveri il pranzo all’Immacolata a cura della Comunità di Sant’Egidio. È un gesto molto bello, ma ancora non riusciamo – e dico, per primo io, e mi vergogno di questo, non riusciamo a capire di offrire un’attenzione con carattere di continuità. Oltre un grande pranzo per Natale per tutti i poveri, come sarei contento di fronte al Signore, se maturassimo ognuno di noi la gioia di poter ospitare ogni settimana una famiglia. Se i tanti cristiani i tanti presbiteri, a partire da me il Vescovo, e vedete che non sono capace, riuscissimo almeno una volta la settimana a portare dentro la nostra casa una famiglia, sviluppando e vivendo l’esperienza dell’accoglienza e condividendo con chi accogliamo. Esempio: facendogli fare una doccia, facendo lavare la biancheria nella nostra lavabiancheria, non in quella asettica riservata per loro, invitandoli a pranzo almeno una volta a settimana, dare la dignità e il calore dell’accoglienza. Quando dividiamo una bustina, infatti, entriamo nell’abitudine di una carità che forse ha il profumo, ma se diventa un’abitudine diventa puzza della commiserazione non della condivisione. Per noi diventa difficile: Quante sfide? Quante barriere dovremo superare per accogliere nella nostra casa un carcerato, uno che è abbandonato da tutti? Un povero barbone che viene e mi sporca le cose belle che ho dentro casa?, avere il coraggio una volta la settimana: io condivido con una famiglia.
Se ogni famiglia di battezzati sapesse accogliere una famiglia di poveri per condividere, voi capite quale ricchezza ci sarebbe? Questo però dovrebbe avvenire con carattere assiduo. Mi ricordo quando ero a Siracusa avevo un centro riabilitativo e mi ricordo, quando, i nostri operatori prendevano, ogni settimana, due o tre ragazzi disabili e li portavano a casa loro. Se noi potessimo fare l’esperienza di adottare una famiglia di poveri, perché la domenica che è giorno del Signore, potessimo poi celebrare l’Eucaristia riconoscendo la signoria di Dio presente nel cuore dei Poveri. In 5 minuti si consuma il pranzo, si consuma il panettone e si ritorna nella povertà, verrebbe a mancare quella relazione continua. Io vi dico vorrei dare l’esempio, ma vi dico mi diventa difficile: una volta l’impegno in una parrocchia, una volta in un’altra, che poi, vi dico la verità, diventa una bella copertura. Dovremmo superare queste coperture ed affidarci a lui che veramente ci dia la forza di essere testimoni un po’ sconvolgenti.
Abbiamo, inoltre, chiesto a mons. Accolla un pensiero alla comunità di Stromboli, quest’anno spesso colpita da eventi alluvionali e fino a pochi giorni è stata colpita dalle colate di lava dello Stromboli, che loro chiamano “Iddu”.
Io vorrei che venisse in esplosione non l’isola di Stromboli, ma il cuore degli strombolani, perché tante volte nei disagi, nella cultura tipicamente meridionalistica, diventa il disagio un’opportunità per avanzare sempre diritti e ci scordiamo dei doveri.
La natura a volte è così minacciosa, ma le forme di illegalità, di autoreferenzialità, di abusivismo edilizio, di prepotenza quante volte questi toccano, per carità, non solo la popolazione di Stromboli, ma di qualsiasi altro paese. Ho visto e assistito anche a Ischia quello che è successo, ma tanto il disagio e disastri naturali, l’uomo c’ha messo il suo zampino perché ho visto dei torrenti che sono tappati. Tante volte noi per l’avidità del possesso, veniamo essere più furbi degli altri: abbiamo costruito abusivamente, abbiamo tagliato le acque e quindi il defluire delle acque, avremo quindi le inondazioni. Se potesse esplodere nella legalità e nel rispetto degli altri la coscienza che ognuno ha dei doveri nei confronti del proprio fratello, non solo quando ne ha di bisogno, ma soprattutto con le scelte coraggiose di prevenzione coraggiose, di fedeltà alle leggi del Creato e, allora, solo così potremmo custodire i nostri fratelli.