I risultati della ricerca, coordinata dall’Università Statale di Milano in collaborazione con l’Università di
Genova e finanziata da AriSLA, indicano il riposizionamento di un farmaco antiasmatico come nuovo
possibile approccio terapeutico per la SLA. La pubblicazione su British Journal of Pharmacology
Milano, 27 maggio 2024 – Uno studio preclinico getta le basi per il potenziale riposizionamento di
montelukast, farmaco antiasmatico ampiamente utilizzato in clinica, come nuovo possibile approccio
terapeutico per il trattamento della SLA.
Il progetto di ricerca sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica “GPR17ALS-1” è coordinato da Marta
Fumagalli, professoressa associata di Farmacologia dell’Università degli Studi di Milano, in
collaborazione con Tiziana Bonifacino, ricercatrice del Dipartimento di Farmacia dell’Università di
Genova e partner del progetto, e finanziato da AriSLA – Fondazione italiana di ricerca per la SLA ETS. I
risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica British Journal of Pharmacology.
“La SLA è la forma più comune di malattia neurodegenerativa che colpisce i motoneuroni, ovvero le
cellule nervose localizzate nella corteccia cerebrale e nel midollo spinale che controllano i muscoli,
causando la progressiva paralisi della muscolatura volontaria. Ad oggi, non sono disponibili terapie in
grado di contrastare efficacemente la progressione della malattia” spiega la professoressa Fumagalli.
“Inoltre, studi recenti hanno dimostrato che la degenerazione dei motoneuroni nella SLA è
strettamente associata a una disfunzione precoce delle cellule gliali, le cellule non neuronali del
sistema nervoso fondamentali per il corretto funzionamento dei neuroni. Queste includono gli
oligodendrociti, che avvolgono e proteggono i processi neuronali con la guaina mielinica, e microglia
e astrociti, che regolano finemente l’attività e la plasticità neuronale”.
“Nella malattia si osservano una perdita precoce di oligodendrociti mielinizzanti e un difetto nel
differenziamento dei loro precursori, unitamente ad alterazioni di microglia e astrociti, che
sostengono la neuroinfiammazione che accompagna la progressione della malattia”, continua Tiziana
Bonifacino. “Contrastare le alterazioni a carico delle cellule gliali può quindi proteggere i motoneuroni
dalla degenerazione e rallentare il decorso della patologia”.
Utilizzando il modello murino con mutazione SOD1G93A che riproduce le principali manifestazioni
cliniche della patologia, lo studio dimostra che la somministrazione di montelukast a partire
dall’insorgenza dei primi sintomi, induce un miglioramento significativo della sopravvivenza e delle
funzioni motorie dei modelli murini di sesso femminile rispetto ai controlli, mentre il miglioramento
non è osservabile nel sesso maschile. Ciò si traduce in un rallentamento significativo della
progressione della malattia e in un miglioramento delle abilità motorie.
“L’interesse verso montelukast deriva da una serie di studi condotti in precedenza nel nostro
laboratorio, che ne avevano dimostrato una funzione protettiva nei confronti di altri modelli
neurodegenerativi,” approfondisce Maria Pia Abbracchio, responsabile del laboratorio di
Farmacologia Cellulare e Molecolare della Trasmissione purinergica dell’Università degli Studi di
Milano. Più nello specifico, uno studio precedente ((Bonfanti E et al., IJMS 2020), svolto dallo stesso
team di ricerca, grazie ad un primo progetto pilota finanziato da AriSLA, aveva evidenziato la capacità
del farmaco di ripristinare la corretta maturazione di precursori degli oligodendrociti agendo sui
recettori GPR17, in un modello in vitro recante la mutazione SOD1G93A
.
Su queste basi, nello studio appena pubblicato i ricercatori hanno anche indagato i meccanismi
molecolari alla base degli effetti protettivi osservati nei modelli murini femmina che presentavano la
mutazione SOD1G93A , dopo la somministrazione del farmaco. “Nel midollo spinale degli animali di sesso
femminile, montelukast è in grado di ripristinare la maturazione degli oligodendrociti a cellule
mielinizzanti e di contrastare la risposta infiammatoria dannosa di microglia e astrociti,
indirizzandoli verso un profilo rigenerativo”, spiega Stefano Raffaele, assegnista di ricerca
dell’Università degli Studi di Milano, primo autore dello studio. “Questo contribuirebbe a creare un
ambiente locale permissivo nel midollo spinale, favorendo i processi riparativi e preservando l’integrità
dei motoneuroni”.
“I risultati appena pubblicati ci incoraggiano ad ampliare gli studi dell’efficacia di montelukast in
modelli sperimentali umani di SLA, come gli organoidi, modelli cellulari tridimensionali, che
consentirebbero di applicare un approccio di medicina personalizzata e di precisione, fondamentale
per meglio indagare i meccanismi di variabilità individuale della malattia e di risposta al farmaco, che
tenga conto anche delle differenze di sesso”, conclude Marta Fumagalli.
AriSLA esprime soddisfazione per gli interessanti risultati emersi dallo studio “GPR17ALS-1”, che
confermano l’altissima qualità della ricerca supportata dalla Fondazione, impegnata dal 2008 a
supportare ricerca d’eccellenza per contribuire a individuare soluzioni terapeutiche efficaci per i
pazienti.
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