MESSINA, 20 NOVEMBRE 2024 – Un’alleanza tra neurologi e radiologi per costruire un know-how condiviso su metodologie diagnostiche, interpretazione e refertazione dei dati di risonanza magnetica muscolare nelle patologie neuromuscolari, che in Italia colpiscono circa un milione di persone e che nel 90% dei casi sono malattie rare. Si è svolta oggi, all’A.O.U. Policlinico “G. Martino” di Messina, la terza e conclusiva tappa di un percorso formativo con docenti di caratura internazionale che ha tra i suoi obiettivi, per la prima volta in Italia, di omogeneizzare le conoscenze in questo ambito e creare una rete di esperti su tutto il territorio nazionale.
Il focus, dal titolo “RM muscolare nelle malattie neuromuscolari – Dalla teoria alla pratica”, di cui è responsabile scientifico il professor Antonio Toscano, ordinario di Neurologia all’Università degli Studi di Messina, in collaborazione con la professoressa Anna Pichiecchio, ordinario di Neuroradiologia all’Università degli Studi di Pavia e con la prof.ssa Olimpia Musumeci, professore associato dell’Università di Messina, è stato patrocinato dalla Società Italia di Radiologia Medica e Interventistica (SIRM), dall’Associazione Italiana Miologia (AIM), dall’Associazione Italiana di Neuroradiologia Interventistica (AINRI) e dalla sezione italiana dell’International Society for Magnetic Resonance in Medicine (ISMRM). Il corso, inoltre, ha ricevuto il contributo non condizionante di Amicus Therapeutics.
“L’evento formativo di oggi a Messina – spiega il professor Toscano – rappresenta la fase conclusiva di un percorso, un “unicum” in italia, costituito da altri due incontri, uno svoltosi a Pavia il 25 giugno e l’altro a Roma il 25 settembre, ideato per migliorare i protocolli di esecuzione, diagnosi e refertazione, in modo che il radiologo fornisca quante più informazioni utili al neurologo esperto di malattie muscolari per un’ottimale gestione del percorso diagnostico-terapeutico del paziente”.
I corsi contemplavano una parte teorica dedicata alla clinica ed una pratica per gli aspetti applicativi radiologici e, in conclusione, la discussione di casi clinici per offrire ai discenti una formazione con risvolti pratici spendibili sin da subito nella pratica medica quotidiana nel caso in cui gli specialisti avessero a che fare con pazienti con un sospetto di malattia neuromuscolare come, ad esempio, la Distrofia Muscolare di Duchenne (DMD), l’Atrofia Muscolare Spinale (SMA), la Miastenia Gravis, miopatie di origine genetica quale la Malattia di Pompe, Neuropatie periferiche o la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), per citarne alcune.
“La risonanza magnetica muscolare – prosegue il professor Toscano – è una metodica radiologica non invasiva che ci consente di avere una rappresentazione immediata della situazione muscolare per individuare le alterazioni dei vari muscoli, anche in epoca pre-sintomatica. E’ dunque uno strumento importante che può consentire, insieme a un accurato studio anamnestico e a esami ematici e strumentali oltre che genetici, di arrivare a una diagnosi e, quando è disponibile, avviare immediatamente la terapia per evitare ulteriori danni causati dalla malattia”.
Una rete da ampliare
In Italia ci sono pochi centri specializzati nell’esecuzione di risonanza magnetica muscolare per le varie patologie neuromuscolari. “E’ importante formare gli specialisti, offrire loro un percorso di crescita e creare un gruppo di esperti per omogeneizzare le conoscenze e ampliare la rete con professionisti formati in maniera specifica per evitare ai pazienti lunghi, faticosi e dispendiosi viaggi alla ricerca di una risposta o anche per sottoporsi ai controlli periodici. Con il percorso che si è concluso oggi a Messina abbiamo posto le basi per una crescita della comunità scientifica in questo specifico settore che intendiamo sostenere nel prossimo futuro attraverso altre progettualità ”, specifica il professor Toscano.
Alla condivisione delle conoscenze più aggiornate attualmente disponibili si deve aggiungere anche un nuovo approccio in questo ambito, a tutto vantaggio del malato.
“Il percorso – aggiunge la professoressa Pichiecchio – nasce dalla necessità di unire le esigenze di approfondimento dei radiologi, dei neuroradiologi e dei radiologi muscolo-scheletrici che si avvicinano a questa disciplina cercando di creare delle basi che si possano mantenere sul territorio in modo armonizzato. Inoltre, il desiderio è di riuscire a costituire team multidisciplinari che si possano occupare del paziente a tutto tondo evitando, così, che affronti ulteriori spostamenti”.
Diagnosi e verifica dell’efficacia delle cure
Il corso è stata un’importante occasione di aggiornamento per 20 radiologi e altrettanti neurologi. “La RM muscolare – conclude la professoressa Musumeci – costituisce oggi uno strumento di supporto importante nella diagnostica delle malattie muscolari ma anche nella valutazione dell’efficacia dei trattamenti innovativi che oggi sono disponibili per alcune miopatie, specialmente in un’epoca in cui altre metodiche più invasive sono meno utilizzate. Il Corso ha preso in considerazione le principali malattie muscolari genetiche e acquisite viste dal punto di vista del neurologo e del radiologo favorendo un confronto interattivo tra i docenti senior e i discenti di entrambe le specialità alla luce delle recenti acquisizioni in campo di diagnosi e terapia. Questa prima esperienza è stata motivo di crescita nello spirito di una collaborazione tra giovani e meno giovani per la formazione di figure professionali che garantiscano una gestione adeguata dei pazienti con malattie muscolari”.
Un impegno formativo, questo, con risvolti concreti e quotidiani nella pratica clinica. “Le malattie rare neuromuscolari – conclude Marco Totis, General Manager per l’Italia di Amicus Therapeutics – richiedono collaborazioni tra esperti radiologi e neurologi che non sempre sono presenti negli ospedali italiani. Amicus Therapeutics, sin dalla sua fondazione, supporta iniziative volte a migliorare la cura delle persone affette da malattie rare. In Amicus riteniamo che la collaborazione tra l’industria e la comunità scientifica possa contribuire a un miglioramento della qualità della vita di queste persone”.
