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“Spiritualità e credo nel fine vita”, riflessioni ed esperienze al Rotary Club Stretto di Messina

Esperienze tristi, dure da vivere e la serata è stata l’occasione per ascoltare varie testimonianze

Esperienze tristi, dure da vivere e la serata è stata l’occasione per ascoltare varie testimonianze

 Non è stato un argomento semplice quello scelto dal Rotary Club Stretto di Messina perché «“Spiritualità e credo nel fine vita” tocca la sfera personale e familiare. È delicato e importante», ha dichiarato il presidente del club-service, Piero Federico. Concetto ribadito dalla socia, e organizzatrice dell’incontro, Marina Giordano: «Un argomento tabù, sentito ma poco affrontato, fa paura e scuote l’emotività».

L’oncologa palliativista Agata Labate si è concentrata sul legame fede-malattia che «sconvolge la vita, provocando dolore fisico e spirituale», ha evidenziato, illustrando le valutazioni di un’indagine su quanto spiritualità e credo possano influenzare l’accettazione di cure e la decisione di fine vita. Sono elementi correlati e «in un contesto cristiano, la fede è un sostegno in un dolore insostenibile, mentre in un contesto ateo si è più proiettati in un’ottica scientifica-razionale». Al di là della religione, però, serve avere consapevolezza delle cure e Dat (disposizioni anticipate di trattamento): «Noi operatori dobbiamo instaurare un rapporto di umanità e – ha aggiunto la dott. Labate – confrontarci e accompagnare il malato».

Esperienze tristi, dure da vivere e la serata è stata l’occasione per ascoltare varie testimonianze. Sono tante le persone che hanno attraversato momenti difficili, perché non si è mai pronti a perdere i propri cari e il percorso di fine vita deve rappresentare un nuovo inizio che, pur di sofferenza, non va subito ma vissuto ogni giorno al meglio. «Bisogna dare concretezza e speranza», ha affermato la relatrice, toccando altri temi delicati come l’eutanasia, per la quale «non abbiamo una normativa vigente applicabile, ma è urgente perché c’è molta confusione», e le cure palliative che «non vuol dire che siano inutili, ma trattano i sintomi che pesano sulla qualità della vita». Si tratta di un servizio pubblico dell’Asp tramite due onlus accreditate e prevede il coinvolgimento di vari professionisti medici: «Sono cure di fine vita, ma possono essere attuate già con una diagnosi di una malattia importante e – ha concluso la dott. Labate – abbassano il livello di percezione della sofferenza».

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