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Cultura

La caccia e la sua storia nel Val Demone

La tematica spinge a riflettere sul rapporto con la natura, l’ambiente e gli animali

Tema controverso è la caccia; ma si può dire lo sia sempre stato. La Libera Università della Terza Età di Messina non si sottrae al confronto: lo farà mercoledì 4 dicembre, alle ore 16, nel salone degli Specchi di Palazzo dei Leoni (ingresso da via Cavour).

Ad avviare la conversazione sarà Peppino Restifo, ricercatore indipendente, dopo essere stato professore ordinario di Storia moderna all’Università di Messina. Da storico presenterà una panoramica sulle età medievale e moderna, focalizzata sul Val Demone, ovvero sulla provincia di Messina, e un po’ oltre. Naturalmente le domande sulla storia della caccia prendono lo spunto dal momento contemporaneo, ad esempio, dall’”emergenza cinghiali”, dall’inselvatichimento di larghissime porzioni del territorio provinciale, dall’”emergenza ghiri”, dal conflitto permanente fra associazioni ambientaliste e cacciatori.

E di conflitto è fatta la storia venatoria nel Val Demone per un millennio. Agli inizi di questa storia la selvaggina era considerata “bene comune”; essendo stata concessa da Dio a tutti, tutti la potevano cacciare. Ma progressivamente si delineano due forme di caccia sullo stesso territorio: quella contadina e quella dei gruppi signorili. Questi nel corso del tempo procedono a una progressiva espropriazione, riservandosi il diritto di cacciare con le “riserve”, le chiusure delle foreste, guardate a vista dai “forestari”, i guardacaccia. Nascono di converso i bracconieri o cacciatori di frodo. La lotta è senza quartiere e si spinge fino ai nostri giorni.

La tematica spinge a riflettere sul rapporto con la natura, l’ambiente e gli animali, pure partendo da casi specifici, come le comunità di Capizzi e San Piero Patti e del Val Demone più in generale.

Fonte : Nuovo Soldo

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