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Nella giornata di lotta dell’8 marzo la Cgil Messina rilancia la condizione occupazionale delle donne nel territorio

Cgil Messina: nel territorio ancora un freno all’occupazione femminile, si scontano tante disuguaglianze sociali

8 marzo 2025 – L’8 marzo, giornata di lotta e di riflessione, la Cgil
Messina dà la fotografia della condizione occupazionale femminile nel
territorio messinese, rilanciando la denuncia di come proprio le donne
scontino grandi disuguaglianze sociali. Gap lavorativo, retributivo,
carenza di servizi che possono favorire l’accesso al lavoro, sono alcune
delle tante criticità ancora esistenti e che consegnano una realtà
lontana dai livelli nazionali ed europei.
Nel territorio provinciale più della metà delle donne tra i 15 ed i 64
anni non lavora e non cerca lavoro, la maggior parte di loro per ragioni
legate alla gestione familiare o perché scoraggiate da un contesto che
non offre opportunità di lavoro dignitose, è questo il primo dato che
emerge dall’analisi elaborata dalla Cgil Messina. Tuttavia – si prosegue
– quasi la metà (il 47%) sarebbe disponibile a lavorare. Solo 35 donne
su 100 tra i 15 ed i 64 anni lavorano, il 20% in meno rispetto agli
uomini. Un divario che si raddoppia in presenza di figli. Ma il divario
non è solo occupazionale, è anche retributivo. La retribuzione media per
ora di lavoro delle donne a Messina è pari a 11,89 euro, una
retribuzione di per sé bassa ed anche inferiore del 12,5% rispetto a
quella degli uomini (la cui media è 13,59 euro). Per quale motivo? Le
tabelle retributive dei contratti nazionali di certo non prevedono
differenze salariali in base al sesso. Tali differenze si maturano però
nel percorso lavorativo.
La piaga del lavoro povero e precario colpisce in particolar modo le
donne: sono assunte spesso con contratti più precari e pagati peggio. Le
donne tra l’altro, nel territorio di Messina, sono principalmente
occupate in aziende piccole e piccolissime di settori come commercio,
alloggio e ristorazione che offrono posizioni meno qualificate e
contratti precari con basse retribuzioni, spesso hanno contratti
part-time (due/terzi dei lavoratori part-time sono donne). Chi ha un
contratto a tempo determinato guadagna in genere per ora il 10% in meno
rispetto a chi ha un contratto a tempo indeterminato. Così come chi
lavora part-time guadagna circa il 20% per cento in meno per ora
rispetto a chi lavora full-time a Messina.
La retribuzione in genere cresce al crescere dell’istruzione, però anche
se le donne laureate sono più numerose faticano ad occupare posizione
apicali e quindi a superare il cosiddetto tetto di cristallo, rimanendo
ancorate a posizioni meno retribuite. I carichi di cura, spesso gestiti
dalle donne in maniera esclusiva, ostacolano i percorsi di crescita
professionale. Un percorso che si traduce in una copertura pensionistica
inferiore, sono queste alcune riflessioni che accompagnano i dati messi
in evidenza.
La Cgil Messina rileva come pesino ancora i modelli familiari
tradizionali che assegnano al lavoro delle donne un ruolo secondario ed
accessorio rispetto al lavoro degli uomini, ma anche la carenza di
servizi educativi, sociali e socio-sanitari diffusi che alleggeriscano
le responsabilità di cura dei familiari minori o non autosufficienti o
l’assoluta carenza di misure che a livello aziendale promuovano la
condivisione degli oneri di cura e la conciliazione tra tempi di vita e
lavoro e che riconoscano e premino la qualità del lavoro prodotto, al di
là di parametri meramente quantitativi.
“Occorre intervenire a livello familiare, sociale e aziendale per
mettere in discussione stereotipi e preconcetti ed introdurre strumenti,
servizi e misure specifiche per contrastare i divari occupazionali e
retributivi e per aumentare la quantità e la qualità della
partecipazione delle donne al mercato del lavoro”, osserva la segretaria
confederale della Cgil Messina con delega al mercato del lavoro,
Stefania Radici, che ha curato l’analisi dei dati.
“Per questo – aggiunge la segretaria Cgil con delega alle politiche di
genere e responsabile del Coordinamento donne, Marcella Magistro – è
importante proseguire con tutte le azioni che possono portare ad un
cambiamento che è anche culturale, per contrastare tutte le
discriminazioni”.
“Nel nostro territorio il problema del lavoro che manca e che è povero
non riguarda solo il genere, ma è più complessivo”, dice il segretario
generale della Cgil Messina, Pietro Patti.
Abbiamo infatti un tasso di occupazione che è il 20% in meno rispetto al
dato nazionale – prosegue l’analisi della Cgil Messina – meno della metà
della popolazione in età lavorativa lavora. Abbiamo 172.000 occupati tra
i 15 e i 64 anni a fronte di una popolazione nella stessa fascia di età
pari a 379.928 abitanti. Le retribuzioni orarie di chi lavora sono circa
due euro in meno in media del dato nazionale. Perché qui sono diffuse
aziende piccole e piccolissime, il nostro tessuto imprenditoriale è
fatto per il 97% da piccole e piccolissime imprese con scarsa
propensione all’innovazione e agli investimenti, per la maggior parte
opera nei servizi (81,4%), e tra questi in particolare nel commercio,
settore in profonda crisi, alloggio e ristorazione e nelle costruzioni,
settori tutti a basso valore aggiunto, che offrono bassi salari e spesso
non continuativi.
“Se vogliamo promuovere un cambiamento – sottolinea il segretario
generale della Cgil Messina, Patti – nel segno della crescita
quantitativa e qualitativa dell’occupazione e nel segno dell’inclusione
delle tante donne e dei tanti giovani che allo stato attuale sono fuori
dai circuiti produttivi, gli attori territoriali, istituzionali,
economici e sociali del territorio dovrebbero collaborare per sostenere
settori e filiere strategici”.

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